Il Viaggio di Leonie
Racconto Inedito per il Giornale di Pantelleria di Camilla Moro
Maggio 2011
Pantelleria per me è stata, fino ad ora, l’isola del sole tutti i giorni, un sole caldo che al nord non si conosce, un sole pieno, che nutre e rigenera. E l’isola del vento che muta, che spesso si rinnova, incantando le luminose giornate dell’estate. E’ stata il mare, dai fondali misteriosi e variopinti, mondi infiniti di montagne rovesciate in cui vagano pesci , stelle marine, cavallucci, in una festa perenne e silenziosa. Pantelleria è stata, per me, madre, madre accogliente, dalle braccia aperte.
In questa strana primavera, invece, l’isola di cui sono innamorata mi ha rivelato il volto livido e arcigno di matrigna.
L’ho odiata, addirittura. Come si odia chi tanto si ama.
Le rocce di lava che incorniciano i fiordi di acqua cristallina, il mare blu, di liquido cobalto, trapunto di stelle, mi hanno tradita. E, più di me, hanno tradito gli eroi.
La lava ha estratto le guglie più ruvide e taglienti, il mare ha cercato le onde più violente, il vento si è fatto tempesta come sa farsi tempesta, quando vuole, questo vento. E, tutti insieme, gli elementi hanno dichiarato guerra ad una barca, quella povera barca di legno che mostr , sulla spiaggia di Arenella, il suo ventre squarciato.
Su quella barca, come sulle tante barche che affollano il Mediterraneo in questi mesi tormentati, un gruppo di derelitti, in fuga da violenze e miseria, da quattro giorni vagava nel canale di Sicilia alla ricerca disperata di un approdo, di un porto dove trovare finalmente pace, dopo infinite traversie.
Su quella barca c’era una famiglia. Camille, il padre, sua moglie Leonie e cinque dei loro sette figli. Una famiglia che è nata e ha continuato a popolarsi migrando di stato in stato, di casa in casa, di scuola in scuola, in una tormentata odissea attraverso quel continente eternamente in subbuglio che è l’Africa.
Ma Camille e Leonie avevano un sogno.
Tutti gli eroi hanno un sogno, e, per realizzarlo, sono disposti a superare ostacoli e difficoltà, prove terribili in cui rischiano la vita.
Quello di Camille e Leonie era un sogno d’amore. Un amore che ha dato frutti copiosi, sette figli dai diciannove ai cinque anni, figli belli, intelligenti e sensibili come i loro genitori. Figli pieni di vita. Per il loro amore, e per quei figli, Camille e Leonie sono saliti su quel barcone e hanno preso il mare.
Ma il sogno si è infranto sugli scogli di Pantelleria, dove Leonie ha trovato la sua tragica fine.
L’isola bella, l’isola che avrebbe potuto essere il luogo della rinascita, per lei si è fatta tomba.
Ma lei, Leonie, il suo percorso di eroina l’ha portato a termine. I figli sono salvi. In Libia, i neri vengono bruciati vivi. I figli di Leonie, invece, vivranno.
E Camille, dagli occhi teneri, saprà essere anche madre.
Avrei voluto conoscerla, Leonie. Mi sarei fatta raccontare della sua infanzia in Congo, dei suoi sogni di ragazza, dell’amore con Camille, studente ribelle di lettere a Kinshasa, dei suoi progetti con lui. Mi sarei fatta raccontare i pensieri, i desideri, i sentimenti delle donne di laggiù, avremmo parlato di figli, di parti, di natura e d’amore, come fanno le donne di ogni dove quando si trovano insieme.
Era bella, Leonie. Lo si vede nella fotografia che Camille ha salvato dal mare in tempesta e mostra con orgoglio. Aveva occhi profondi, liquidi e calmi come un’oasi, sotto il turbante turchese. La immagino incedere lenta per le strade di Kinshasa fasciata nell’abito tradizionale, sapientemente drappeggiato intorno al corpo come intorno a una scultura, cammina lenta, con il portamento regale che solo le donne africane conoscono.
Non l’ho potuta conoscere, Leonie.
E’ sepolta nel cimitero di quest’isola, è annegata in questo mare infido a due passi dalla serenità, a due passi dalla meta del percorso di eroina.
Camille, ora, vuole restare qui, nel luogo del martirio, non può lasciarla.
E, infatti, ieri c’era, Leonie. L’ho vista.
L’ho vista nella casa dove la sua famiglia è rifugiata, dove i panteschi hanno portato letti, giochi e vestiti per i suoi orfani.
L’ho vista nello sguardo fiero delle sue splendide figlie, negli occhi puri e curiosi dei suoi bambini,nella dignità, nel dolore composto, nella nostalgia di lei che prova Camille, il suo uomo, l’amore della sua vita.