2005 - L'ACQUA, LA TERRA, IL VENTO E L'IO NEI COLORI DI MARA'.
Mostra di pittura. Realizzata presso la Biblioteca comunale di Pogno dal 10 al 18 Luglio.
Orari: dalle 18.00 alle 20.00.
Camilla Moro scrive un racconto di presentazione ai dipinti di Marà.
IL SOGNO
Liù uscì di casa a piedi scalzi , attraversò l’aia scansando i pulcini pigolanti e si avviò verso i campi senza voltarsi indietro.
Il sole tramontava dietro il motto e una luce calda dorava le chiome dei castagni, illuminava le robinie, i covoni, e il mare di spighe appena mosse dalla brezza.
La gatta Mia, che si era appisolata sotto il ciliegio,aprì un occhio , scorse i piedi della bambina che saltellavano contenti e, con uno scatto degno di un ghepardo, le fu subito accanto.
Passarono davanti allo stagno, dove l’oca Peppa starnazzava con le anatre. Alla vista di Liù,e soprattutto della nemica Mia, Peppa lasciò il bagno, si scrollò l’acqua di dosso, e, dimenando il sedere come una comare al mercato, le raggiunse barcollante.
Furono presto nei pressi del torrente, che attraversarono in fila indiana sul ponticello di legno .
Al limitare del bosco, l’aria fresca profumava di acacia e fragoline. Liù si fermò a raccoglierne alcune lungo i bordi del sentiero e le gustò canticchiando a mezza voce.
Peppa allora cercò di imitarla e ne venne fuori un duetto stonato che coprì i canti melodiosi degli uccelli .
Mentre il sole spariva dietro gli alberi, un volo di anatre passò nel cielo, appena sotto le nuvole.
Liù, dopo averle osservate a naso in su, si decise a prendere il sentiero che si inoltrava tra le querce, dove l’ombra era più fitta.
Il cane Flò, che aveva passato il pomeriggio ad inseguire senza successo uno scoiattolo, raggiunse il gruppo abbaiando. Mia , allora , volle essere presa in braccio, e Liù , sbuffando, la accontentò .
Una luce violetta tinse le foglie, colorò le piantine di mirtillo, le bacche, le felci .
Mia miagolò malinconica, Flò scomparve di nuovo tra i cespugli e Liù si fermò incerta accanto ad un leccio, guardandosi intorno. Intanto, posò la gatta sul terreno per sciogliere le trecce, liberando i riccioli biondi , che caddero a cascata sulle spalle.
Fu allora che udì la cantilena. Arrivava da lontano, Liù non riusciva a distinguere se si trattasse di voci o di strumenti, o di voci e di strumenti insieme.” E se fossero semplicemente uccelli? “si domandò.
Curiosa di scoprire il mistero, si lasciò trasportare dal suono che diventava sempre più gradevole, più coinvolgente.
Cammina, cammina, si trovò in una radura, su una penisola rocciosa. Ai suoi piedi, incorniciato da rocce dai riflessi d’argento, un lago blu cobalto accoglieva, in cascate gorgoglianti, numerosi ruscelli . Intorno, fronde di salici a lambire l’acqua, quasi fossero sipari di un teatro.
Liù , estasiata, si accovacciò sulla roccia senza riuscire a staccare gli occhi dallo spettacolo. Mia , allora, le si accoccolò in grembo , e Peppa si avventurò fino alla riva per bere .
Il canto pareva salire dalle onde per diffondersi nell’aria melodioso e sereno.
Ma ecco .
Dall’abisso, una dopo l’altra, apparvero figure evanescenti di donna dai lunghi capelli e dalle ali di luce, che si riunirono , nuotando e cantando, al centro del lago. Liù le ammirò rapita.
Come libellule, aprivano e chiudevano le ali danzando e poi si alzavano in volo per posarsi qua e là sugli scogli , dove giocavano con le fronde dei salici , dondolandosi come in altalena . O si lasciavano abbracciare dalle cascate per tuffarsi con eleganza, sparire negli abissi del lago, e ritornare a volare, leggere, sui rami dei salici.
Liù , sempre più affascinata ,seguì ogni movimento , mentre il canto la avvolgeva sempre più melodioso , sempre più ipnotico.
Così, cullata dalla musica, si abbandonò sullo scoglio e si addormentò.
In sogno, la venne a trovare una delle ninfe, bionda, le ali di libellula. Si posò sul terreno senza far rumore, reggendo in una mano una lanterna .
- Chi sei?- domandò Liù.
- Sono Lucilla- rispose la ninfa con un sorriso. E aggiunse:- Se verrai con me, faremo un bel viaggio.
Per mano a Lucilla, Liù si trovò in volo tra le fronde, nel buio della notte, la lanterna dell’amica come faro.
Volarono sulla scia degli uccelli migratori, i capelli mossi dall’aria tiepida, gli occhi aperti sul mondo dai riflessi di luna . Superati i boschi, videro montagne, vallate, torrenti e fiumi, finché arrivarono al mare.
Allora Lucilla, indicando la distesa infinita delle acque, gridò, voltandosi verso la compagna di viaggio:
- Ora ti farò conoscere Alina, la sirena!
Scesero in picchiata verso la costa, l’aria salata che sferzava il viso.
Planarono in un fiordo scavato nelle rocce, dove l’acqua era d’ argento.
- Alina!- chiamò Lucilla guardandosi intorno. – Ti ho portato Liù, la bambina delle oche!
- Chi?- rispose una voce affascinante, che risuonava come un’eco in ogni anfratto , in ogni flutto .
- Liù !- ripetè Lucilla. – Te la voglio presentare.
Si avvicinarono.
Alina stava appollaiata su uno scoglio a seno nudo, i capelli umidi intrecciati di coralli , la coda dalle squame fluorescenti rilucente nel buio.
- Sono sola, Liù!- implorò la sirena - Vuoi restare con me? Ti insegnerò a cantare come non hai mai cantato, ad acconciare i capelli con i coralli, a truccarti con polveri di madreperla, per gioielli avrai le stelle marine, per amici i cavallucci… Resti con me, Liù?
- Ti ringrazio- rifiutò la bambina, sicura, e aggiunse:- Io seguirò Lucilla, che mi farà conoscere il mondo della notte.
- Ti prego, Liù- ripetè la sirena.
- Mi spiace- ribadì Liù.
- E va bene, ti lascio andare! - accettò sconsolata Alina.- Ma voglio farti ugualmente un regalo. Voglio donarti una squama della mia coda. Argento e rame daranno luce ai tuoi occhi, che , come pietre preziose, da oggi sapranno affascinare uomini e donne.
Liù si avvicinò sorridente , prese la squama e la nascose in una tasca della gonna mentre Lucilla la avvertiva:
- Ricordati, Liù. Il regalo di Alina è prezioso, ma devi usarlo con moderazione, altrimenti farai la sua fine!
I delfini , che saltavano dentro il fiordo, ripeterono, in coro:
- Attenta, Liù, altrimenti sarai sola! Farai la sua fine!farai la sua fine!
Poi seguirono Lucilla e Liù nel loro volo, per lasciarle all’orizzonte.
Lì il cielo si colorò di arancione, di rosa , di violetto , l’aria divenne più calda e un odore acre di bruciato invase le narici di Liù, che stava per chiedere spiegazioni a Lucilla, quando una donna dai lunghi capelli rossi le superò volando, decisa e velocissima, a cavallo di una scopa .
- Fermati!- urlò Liù. – Dove vai , così di fretta?
- Non posso!- rispose una voce profonda.- Questa notte ho da fare.
- Chi sei? – domandò curiosa Liù.
- Sono Brusilde, la strega. C’è il congresso, mia cara, e sono già in ritardo!
Intanto l’aria diventava quasi irrespirabile, calda e bruciata com’era, e rossa e …All’improvviso , davanti agli occhi di Liù, comparve un castello dalle torri lucenti, le finestre infuocate, il tetto dai riflessi di rame.
- Che fate, lì? – domandò Liù a Brusilde, che si voltò infastidita.
- Si lavora, mia cara! Distribuiamo gli incarichi. Io penso proprio, questa notte, di dover spazzare il cielo da tutte le paure.
- Che dici?
- Non ho tempo, fatti spiegare da Lucilla! D’altronde la vedi , la scopa, no? Insomma: ci spazzerò il cielo e anche tu, mia cara, non avrai più paura di essere quello che sei, da stanotte.
- Ma io non ho paura di essere una bambina.
- Io vedo una ragazza. La vedo bella, ha occhi seducenti e un corpo flessuoso. Sei una ragazza, Liù.-affermò Brusilde.
- Conosci il mio nome?- si meravigliò Liù.
- Dimentichi che sono una strega!- rispose sbuffando Brusilde , e aggiunse: - Conosco anche i tuoi pensieri.
- Dài, cosa sto pensando?- la sfidò Liù.
- Pensi che vuoi continuare il viaggio, perché sei una ragazza curiosa.- affermò la strega, convinta.
- E’ vero- ammise Liù e aggiunse: - Ora ti lascio andare, scusami per averti trattenuta.
- Ciao Liù, buon viaggio! – augurò Brusilde, e sparì in picchiata in direzione del castello.
Il cielo era tornato blu e poche nuvole chiare attraversavano la notte, coprendo a tratti la falce della luna.
Lucilla e Liù ora sorvolavano una valle brulla, dove rocce dalle strane forme si ergevano come castelli diroccati nel deserto.
Poi la valle si faceva più dolce, ricomparivano arbusti , cespugli fioriti e un torrente . Al centro, uno sperone roccioso pareva avvolgersi su se stesso a spirale, fino sostenere, in cima , una torre dall’unica finestra illuminata.
- E lì, chi ci abita? . domandò Liù alla compagna di viaggio.
- L’eremita- rispose Lucilla.
- Un uomo, una donna?- chiese Liù.
- Non importa. Qualcuno che ha scelto di stare da solo.
- Per sempre?- chiese Liù, con gli occhi spalancati di meraviglia.
- Finché non avrà conosciuto, almeno un po’ , se stesso.
- Che triste! – osservò Liù. – Io devo stare almeno col cane e col gatto, per star bene.
- Tutti dobbiamo conoscere il piacere della solitudine, prima di poter amare gli altri. – concluse Lucilla.
Liù non replicò. “Deve essere vero”, pensò fra sé e sé.
Il volo continuò tranquillo , stormi di uccelli superarono le due viaggiatrici e si diressero verso la luce, il caldo, il sole accompagnati dalla voce di un flauto.
Era una giovane donna a suonare, sulle rive di un piccolo lago chiaro. E, non molto lontano, un viandante pareva rispondere al canto accarezzando un liuto. Le due voci si univano , a tratti , in un duetto armonioso.
- Si incontreranno?- domandò Liù a Lucilla, indicando dall’alto la ragazza e il viandante.
- Può darsi- rispose Lucilla- Sono due anime pure.
Poi sembrò riflettere per qualche secondo.
- Devi sapere- disse infine- che ,nel bosco delle fate, ogni notte avviene veramente un incontro d’amore. Si tratta di un appuntamento misterioso e segreto… - esitò, ma promise:- Se saremo fortunate , potrai vedere la Capinera .
- E chi sarebbe? – domandò Liù.
- E’ una donna bellissima ma è anche un uccello. Ogni notte, nel bosco, incontra il suo amante.
Liù era eccitata e impaziente. Ma dovettero attendere a lungo.
L’indaco divenne profondo. E , solo quando la luna si mostrò in tutto il suo splendore, illuminando della sua luce diafana la radura, la videro.
Di spalle, posata su un ramo come un uccello maestoso, la donna era nuda, ma due ali piumate le lambivano i fianchi : uno strascico di piume nere. Una cascata di capelli scuri, dai riflessi ramati, le accarezzava la schiena. Bagliori d’argento, forse raggi di luna, forse stelle,illuminavano, a tratti, il manto e la chioma.
Sul ramo , sorpreso da una primavera improvvisa, si aprivano corolle chiare, fresche di rugiada.
Liù era senza parole.
- Lui è già passato!- sussurrò Lucilla. E aggiunse: - Ora , vedrai, lei si rivestirà e volerà via.
E infatti, di lì a qualche istante, un uccello maestoso prese il volo e sparì nella notte, mentre il ramo si tingeva di nero, le corolle si chiudevano e tornavano a confondersi tra le fronde.
Liù si voltò verso la compagna di viaggio.
- Il mistero dell’amore- disse Lucilla. E non aggiunse altro.
Ripresero a volare. La notte si faceva più chiara, una tonalità pervinca colorava le colline, i boschi.
Superarono un villaggio arroccato su un monte e una valle che dormiva. Poi planarono verso un giardino.
Un profumo intenso di fiori si sparse nell’aria.
Lucilla e Liù mossero qualche passo sulla ghiaia fino ad un’aiuola ben coltivata.
Lì, tra le rose, c’era una donna abbandonata, il corpo appena coperto da un velo, un lato del volto illuminato dalla luce della luna . Respirava serena.
- Dorme?- domandò Liù alla compagna di viaggio.
- Certamente riposa- rispose Lucilla. E aggiunse: - Forse immagina, sogna, crea. Porta in sé la luce e l’ombra. E’ una donna, insomma.
- Come si chiama?
- Come te: Liù – rispose Lucilla.
- Che bella! – concluse Liù con un sorriso. E riconobbe: - Sono proprio io.
Fu allora che il cane Flò, tornato dal bosco , cominciò ad abbaiare con insistenza. Mia , infastidita, si strusciò miagolando contro il corpo di Liù che si svegliò, stropicciandosi gli occhi.
- Ho sognato!- mormorò, e si guardò intorno spaesata in cerca di Lucilla. Era sparita tra gli alberi.
Così Liù si avviò verso casa.
Sul sentiero, trovò una piuma. La raccolse, la osservò. Era nera.
“La luce del giorno”pensò “cancella i bagliori d’argento”.