Commento a "Rito di Iniziazione" del critico Roberto Caracci in occasione della presentazione del romanzo al Salotto letterario Caracci, via Rutilia, Milano
Una iniziazione all'eros ma ancora più all'autonomia e alla libertà. Una donna sposata nell'avventura con un agente immobiliare trova il modo di uscire dalla monotonia del rapporto coniugale. Si incontrano, Dacia e Andrea, nel corso della visita ad un appartamento e la loro attrazione è fulminea, istintiva, folgorante.
Eppure il rapporto che ne nasce è difficile, aspro, ambiguo.
Camilla Moro con perizia psicologica e quasi psicoterapeutica, segue passo passo lo snodarsi di questa storia irrequieta, frantumata, in qualche modo impossibile. Due diverse realtà si incontrano sul piano erotico, ma si scontrano su tutto il resto. Lei alla ricerca di se stessa, della propria femminilità, di una sessualità mortificata dall'infanzia trascorsa in un ambiente repressivo e conservatore, fino ad un matrimonio voluto più dalla famiglia che da lei, con un uomo che non l'ha mai resa felice.
Lui appassionato ma possessivo, soffocante e soprattutto assetato di sicurezza, di averla lì presente, disponibile, amante-oggetto ma anche compagna, amica, tutto.
Dacia cerca in questo rapporto più l'affrancamento e la libertà, l'emancipazione da un passato pesante( dove si colloca anche la violenza sessuale di un maschio pittore), la sua evoluzione di donna più che la sicurezza di cui ha bisogno.
Andrea invece vuole la garanzia di un rapporto puro sicuro, totale, in un solo corpo ma anche in una sola anima.
Dacia con tutto il suo passato e il suo futuro deve essere per lui disponibile.
Lui non vuole essere uno strumento né un esperimento( se lasciasse il marito, Dacia, sarebbe per stare sola).
Il tutto affidato ad un fittissimo dialogo, che riempie quasi l'intero romanzo. Un dialogo che vede quasi sempre Andrea farsi avanti per capire Dacia, assecondarla e disperarsi per comprendere, fino all'impazienza di momenti violenti e di veri e propri stupri. A lui non sta bene di non essere tranquillo e sicuro di Dacia, quel suo essere sfuggente e contradditoria e soprattutto che lei non sia mai veramente solo oggetto sessuale, da usare e magari,un giorno, gettare via.
E' come se Andrea servisse alla transizione( rito di trasformazione) di Dacia verso una autonomia di donna che non ha mai avuto. Lui da una parte la aiuta in questo, dall'altra la soffoca con la sua volontà di un rapporto totale.
Flash back e analessi dipanano il filo di una storia passata nella quale Dacia appare vittima di un'educazione bigotta e reazionaria, dove la femmina deve stare al suo posto ed ogni tentativo di apparire donna appare una provocazione da reprimere con la violenza. Il marito è il coronamento di tale inibizione.
Il romanzo ha in parte l'andamento di una psicoterapia di coppia in cui lui sotto le vesti di seduttore prima e di uomo rassicurante dopo non regge alla lunga in quelle di maestro di amore per Dacia, tranne sul piano della sola prestazione erotica. Un andamento analitico per cui la verità va scoperta ma non fino all'esplodere di nodi e contraddizioni oltre i quali la stessa procede solo a balzi, a sincopi non risolte. Scena continua come a teatro, o come nelle scene bergmaniane di qualche film.
Linguaggio delicato, arioso, chiaro.