Saranno sì e no una ventina di telefonate, un dialogo spezzettato, non di rado drammatico, che filtra ogni cosa: scorrono i fotogrammi di viaggi di nozze, esami di università, nascite, traslochi, vacanze malesseri, tentati suicidi, innamoramenti... Ma la chiave, il senso di questi discorsi talora ondivaghi e apparentemente sconclusionati è tutta racchiusa in un rapporto fra due persone che stanno una a un capo e una a un altro del filo.
' Filo', unione emozionale, speculare, fra madre e figlia (così si intitola il libricino di Camilla Moro Saporiti, Tranchida) dove si intrecciano due storie: una madre insegnante a scuola, prossima alla pensione, all'apparenza soddisfatta, leggermente anaffettiva, e una figlia fragile, nevrotica, prima sposata a un uomo depresso, più fragile di lei, poi, piano piano, capace di guardarsi dentro e cambiare.
Nel mezzo questo non facile percorso anche analitico, ecco tutte le incomprensioni, le prediche, i piccoli rimbrotti, le banalità di chi sa stare solo con i piedi per terra, ovvero la madre che parla (o non parla), dà consigli e si stupisce di fronte alla vita della figlia più che mai pasticciata e turbolenta.
E mentre lei fa bambini con l'uomo sbagliato, lo lascia, ne trova un altro a sua volta sposato, la madre guarda e sospira.
Ma intanto Lucilla, questo il nome della figlia, ha compiuto il suo percorso.
Ha capito di essere sempre stata condizionata dalla madre e dalla sua paura dei sentimenti, di essere cresciuta con l'abitudine di accudire gli altri, dimenticandosi di pensare a se stessa e di desiderare. Ed è un finale ottimista, sotto gli occhi un po' perplessi ma benevoli della madre, un salto nel benessere, spiccato quando finalmente trova un uomo con cui giocare, che rappresenta la sua libertà.